Giacomo Leopardi - Opera Omnia >>  Dissertazione sopra l'estensione




 

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Varie sono quelle proprietà spettanti alla materia, che appartengono, e dipendono ancora dall'estensione comune generalmente a tutti i corpi. Noi intendiamo per estensione lo spazio, che corre tra i limiti di un corpo qualunque non eccettuato neppure quello, che si scorge tra più corpi, il quale non è occupato, che dall'aria. A questo punto di Fisica appartiene la celebre questione intorno al vuoto, di cui l'esistenza vien dai Peripatetici negata, e la possibilità dai Cartesiani. Il P. Jacquier francamente afferma la sua esistenza, la quale vien dal medesimo dimostrata con ragioni da lui chiamate validissime, ma che in effetto possono senza gran difficoltà essere ribattute. Nondimeno dai fautori di questa proposizione apportasi un argomento, il quale può non poco contribuire a determinarne la verità. Lo spazio essi dicono non occupato dai corpi visibili verrà occupato dall'aria, ma l'aria ha i suoi pori, i quali non potranno essere riempiuti, che da un etere più sottile, ma ancor egli poroso poichè ciascun corpo in natura ha siffatta proprietà. Onde l'etere avrà sempre i suoi pori, e quantunque essi siano riempiuti da altri Fluidi questi altresì saranno similmente porosi, e così anderebbesi in infinito, il che essendo evidentemente inammissibile deve necessariamente affermarsi l'esistenza del vacuo. a ciò vien risposto dagli avversarj del presente sistema con alcune ragioni, che a dire il vero non soddisfanno perfettamente, per mio avviso, alla proposta obbjezione onde io reputo più sano consiglio il restare indeciso fra gli opposti pareri circa il vacuo, di quello, che intrigarsi in siffatte questioni, da cui non si potrà finalmente ritrarre il piede, che incerti, e confusi ancor più di quando alle medesime si dette principio poichè per confessione di ambedue le parti nulla vi è, che possa decidere di siffatta questione in riguardo ai sensi onde sempre dubbiosa sarà qualsivoglia dottrina vertente sopra un tal punto. Non credo poi, che alcun sensato Filosofo ammetter possa, che il vacuo sia intrinsecamente impossibile poichè nulla certamente ripugna, nè implica contradizione nell'esistenza del vuoto, ed il medesimo è per conseguenza possibile. Lasciate adunque simili questioni noi passeremo ad esaminare le proprietà dell'estensione dei corpi con tutto ciò, che ad essa appartiene, il che è come dicemmo di moltiplice argomento. In tutto ciò, che da noi verrà esposto si avrà sempre per guida il senso comune, e l'opinion dei Filosofi.

Dal modo, nel quale l'estensione vien definita egli è chiaro, che ciascun corpo è esteso. L'estensione è composta di tre dimensioni lunghezza, cioè, larghezza, ed altezza, o profondità; ciascuna delle quali vien contenuta tra i limiti determinati, e lo spazio, che passa tra di essi è quello, che propriamente appellasi estensione. Queste tre dimensioni sono comuni universalmente a tutti i corpi poichè, al dir di Brisson, "ciascun corpo per quanto piccolo esso sia ha sempre un di sotto, e un di sopra una parte anteriore, e una parte posteriore, un lato sinistro, ed uno lato destro, e tutto ciò preso insieme forma una lunghezza, una larghezza, ed una grossezza... È vero, che non vediamo queste dimensioni in tutti i corpi; ve ne son di così piccioli, che i nostri occhi non possono scorgerli nè la nostra mano distinguerli, ma siccome in tutti i corpi che cadono sotto i nostri sensi troviamo quest'estensione possiamo affermare, che ella è propria di tutti i corpi in generale".

Varie sono come dicemmo quelle proprietà dei corpi, che appartengono alla loro estensione. Di questo numero sono l'impenetrabilità, e penetrabilità dei corpi. Ambedue spettano a qualsivoglia ente materiale, e debbono annoverarsi fra quelle, che formano il carattere della sostanza corporea. La penetrabilità è quella, per mezzo di cui un corpo dà libero accesso in se medesimo ad altro corpo di lui più sottile. Ciò avviene con l'ajuto dei pori ossia di alcuni tenuissimi forami, che in minima distanza l'uno dall'altro si ritrovano nei corpi ancor più compatti. Il chiarissimo Dufai nei Monumenti Parigini accenna una specie di liquore, col quale se venga delineata alcuna immagine sopra la superficie ancora de' marmi più duri potrà la medesima distinguersi fino sull'altra superficie del marmo, il che non potrebbe avvenire se per mezzo dei pori non fosse il liquore disceso per i diversi strati del medesimo. Questo, ed altri moltissimi esperimenti ci dimostrano, che in ciascun corpo si ritrovano siffatti pori, e che per conseguenza tutti i corpi sono penetrabili. Questi pori son quelli, per mezzo de' quali accade negli animali la traspirazione chiamata Santoriana perchè prima di ogni altro conosciuta dal celebre Santorio. I medesimi osservati da Leeuwenoek sotto le picciole squamme dell'epiderma occupano secondo il suo computo in numero di 125000. lo spazio soltanto di un picciolo granello di arena. Moltissime esperienze apportar si potrebbero per consolidare la verità della nostra proposizione cioè che ciascun corpo è penetrabile, ma a tal uopo io credo sufficienti le già indicate osservazioni essendo omai la generale penetrabilità, e porosità dei corpi universalmente ammessa, ed approvata.

Altra proprietà generale dei corpi spettante alla loro estensione ell'è come dicemmo l'impenetrabilità detta ancora Solidità dai Fisici. Questa proprietà è quella, per mezzo di cui un corpo si sforza di rimanere nel luogo, che egli occupa, il quale non può essere occupato da un altro, se egli non ha forza sufficiente a spingere il primo, e toglierlo dal luogo ove egli si ritrovava. Un corpo resiste ancora a quello, che vuole impedirgli di rimanere nella sua posizione. L'aria medesima, l'acqua, e qualsivoglia fluido sono impenetrabili, e egli è evidente che se vuolsi por nell'acqua alcun corpo, o passare a tramezzo dell'aria circostante, tutto ciò non potrà farsi che obbligando l'aria, e l'acqua ad abbandonare quel luogo, che vuolsi occupare, e costringendole a ritirarsi, e lasciar libero lo spazio in questione; esse però resisteranno per quanto è in loro potere alla forza contraria. "Vi sono, al dir del sopracitato Scrittore, certi corpi che sembrano lasciarsi penetrare, ma non è che una penetrazione apparente, e non reale. Per esempio una spugna riceve, e ritiene interiormente una gran quantità d'acqua, ma quest'acqua va a posarsi ne' vuoti che si trovano fra le parti della spugna, e non occupa niente affatto il luogo delle parti proprie della spugna. Si può dire lo stesso di un pezzo di zucchero, di una pietra tenera ec. La pietra delle cave di Bouré vicino a Montrichard nove leghe distanti da Tours ritiene più di venticinque libbre di acqua per piede cubico. Ma quest'acqua va ad occupare gli spazj, che le parti della pietra, o dello zucchero lasciano vuoti della loro propria sostanza nè mai il luogo che occupano quelle medesime parti". La dottrina dell'impenetrabilità dei corpi spetta in gran parte alla forza d'inerzia essendo la resistenza, che fa il corpo a chi vuol toglierlo dal proprio luogo un prodotto della medesima.

Viene altresì annoverata tra le proprietà dei corpi appartenenti alla loro estensione la Divisibilità. Ciascun corpo è formato di particelle, e di molecole unite insieme per mezzo dell'affinità d'aggregazione, di cui sono dotate. Essi sono dunque divisibili, cioè le sue particelle possono essere slegate, e scomposte, le quali particelle essendo formate di altre molecole ancor più sottili possono anch'esse per conseguenza esser divise. Infatti noi non possiamo immaginarci un corpo sebben minimo, nel quale non supponiamo due metà, e per conseguenza può senza dubbio affermarsi esser la materia divisibile in infinito numero di parti infinitamente picciole. Deve avvertirsi, che noi non intendiamo di dire che un corpo sia divisibile in infinito fisicamente, ma soltanto geometricamente, e per mezzo de' voli astratti dell'umana immaginazione. In conseguenza di ciò un corpo ancor sottilissimo può esser diviso in infinite superficie d'infinita sottigliezza. Moltissimi sono quegli esperimenti, con i quali vollero i Fisici dimostrare la Divisibilità dei corpi in modo evidentissimo. Tra questi ell'è utilissima l'osservazione riportata dal celebre Poli circa i raggi della luce, poichè "quantunque, com'egli si esprime, siffatti lumi non decidano se il campo assegnato alla rapportata Divisione si estenda all'infinito, nulladimeno ci mostrano ad evidenza, che la materia è capace di esser divisa in un numero di parti così immenso, che giugne fino a stancare la più vivace immaginazione.

Se in una notte serena, segue il mentovato Scrittore, pongasi a cielo aperto una candela accesa, diffonderà questa tanta luce, che si potrà agevolmente scorgere fino alla distanza di due miglia ossìa di 10 mila piedi tutt'all'intorno. È noto presso de' Matematici, che uno spazio sferico, che abbia il semidiametro di 10 mila piedi in se contiene 4. bilioni 190 mila 40 e più milioni di piedi cubici. Per via di un agevol sperimento si può rilevar di leggeri, che una candela di sego di sei a libbra può continuare a bruciare per lo spazio di cinque ore, e quindi che nello spazio di un secondo viene a consumarsi 1/14 parte di un grano di sego, che però egli è chiaro che le particelle di luce sviluppate da 1/14 di un granello di sego illuminano uno spazio sferico che in se contiene 4. bilioni 90 mila 40 e più milioni di piedi cubici per lo continuato intervallo di un secondo. Ciocchè a dir vero ci fà rilevare, che la picciolezza delle particelle della materia è immensa a segno tale che supera di molto la forza della nostra immaginazione, la quale resterà vie maggiormente imbarazzata, e confusa dal riflettere, che essendo la luce lanciata dai corpi luminosi con indicibile celerità, l'anzidetto spazio sferico viene ad esser riempiuto più migliaja di volte nell'intervallo di un secondo da quella luce che si sviluppa da 1/14 di un granello di sego."

(1) I principj della moderna Chimica dimostrano che la luce, e la fiamma non si sviluppano dal corpo che brucia ma bensì dall'aria vitale allorchè l'ossigeno passa nel combustibile insieme con il calorico, e con la luce, con cui era unito, e che abbandonando l'aria vitale, si svolgono, e formano il fuoco.

A dimostrare la divisibilità della materia può servire la nota esperienza, la quale prova che una piccola porzione di sale può ammettere in se stesso un oceano di acqua, la quale penetrando fra le intime molecole del sale le discioglie, e le separa in altre ancor più picciole, e queste in altre maggiormente sottili, e così andando in infinito in modo, che l'accennata porzione di sale resta distribuita per tutta l'acqua dissolvente, ed accrescendo ancora quest'ultima essa resterà salata in tutte le sue parti, ciò che può vedersi per mezzo di un agevole esperimento. È noto ancora presso i Chimici che una piccola parte di aria può occupare un vastissimo spazio, ed essere sempre più dilatata per mezzo del calorico, il quale penetrandola per ogni parte ne separa le più minute particelle e la mette in istato di occupare uno spazio sempre maggiore a misura che accrescendosi il calorico si accresce la forza, e l'attività del medesimo a separare disciogliere, e dividere le molecole di quella piccola porzione di aria. Viene ancora riferito dal chiarissimo Abbate Nollet un esperimento, nel quale ponendosi una qualsivoglia sottilissima moneta nel mezzo di una fiamma di zolfo sublimato essa si divide in due laminette secondo il suo piano, e talvolta una delle due laminette essendo più sottile dell'altra lascia in quest'ultima l'impressione del conio in modo che la moneta non sembra sensibilmente diminuita. Ciò avviene perchè al dir del mentovato Scrittore "la parte più sottile dello zolfo che si sviluppa nell'ardere, e che s'insinua quinci, e quindi tra le parti del metallo dilatato dal fuoco forma nell'interiore della moneta, e secondo il suo piano un suolo di materia straniera al metallo, che cagiona la divisione, e che si ravvisa quando le parti sono separate".

Da ciò, che si è detto della divisibilità dei corpi egli è evidente che ciascuna particella per picciola che ella sia deve sempre terminare in superficie; diversamente ella non potrebbe esser divisibile poichè il punto geometrico è affatto indivisibile. Ciò serve a spiegare in qualche modo la natura della Figurabilità dei corpi, la quale viene pure riconosciuta come un attributo della materia spettante alla di lei estensione. Noi intendiamo per figurabilità quella proprietà, che hanno i corpi di possedere una qualche figura. Questa figura deve sempre terminare in superficie per l'anzidetta ragione, e non essendovi corpo alcuno che non abbia qualche superficie egli è chiaro, che non vi sarà neppure corpo alcuno, che non sia figurato. Ed infatti non possiamo noi concepir la materia se non dandogli qualche figura, la quale sarà sempre determinata da alcuna benchè minima superficie. Da ciò si comprende, che la Figurabilità è un necessario attributo della materia, il quale l'accompagna in qualunque stato ed in qualunque circostanza. Quei corpi ancora di cui la picciolezza impedisce all'occhio di conoscerne la figura debbono nondimeno averne alcuna per l'enunciate ragioni come facilmente può scorgersi per mezzo d'istrumenti, che soccorrano la debolezza dei nostri sensi.

Tali sono i pensieri del saggio Filosofo circa l'estensione, pensieri dalla moderna Fisica dilucidati, e ripuliti dalle macchie degli antichi errori, di cui non erano certamente scevri. L'enunciate dottrine intorno all'estensione, ed alle proprietà dei corpi ad essa spettanti sono al presente ammessi dalla maggior parte dei savj Fisici, i quali se ne resero certi con raddoppiate osservazioni, e ripetute esperienze.


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Giacomo Leopardi, Tutte le opere", a cura di Lucio Felici, Lexis Progetti Editoriali, Roma, 1998







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