(01/04/2006)
Pike: slow, very slow
di Marco Fiorini
Ero fermo su una strada in terra celtica, bloccato dall’ennesimo
peregrinare di vacche guidate da agilissimi Border Collie, quando il mio
sguardo cadde sull’asfalto ancora umido dalla pioggia appena scrosciata.
Verniciata in caratteri maiuscoli una scritta “slow” imperava sulla
carreggiata circostante, più avanti un’altra ne ribadiva l’importanza
“very slow”. So che la cosa non aveva relazione ma da subito la mia
mente malata mi fece pensare alla passione (o malattia , come mia madre
la definisce) per lo Spinning al Luccio. LENTO, anzi LENTISSIMO, queste
poche parole sintetizzavano un’intera vita passata nel tentativo di
affinare una tecnica “vincente” nei confronti del mio avversario “
pinnuto”. Non so come e quando ebbe inizio la passione per questo pesce,
ricordo solamente che non fu semplice come pensavo. Ero abituato a
pescare trote, pesci voraci e molto aggressivi che raramente rifiutano
un attacco su artificiali extra veloci animati con destrezza e pensavo
che l’esperienza fatta mi avrebbe facilitato il compito. Presto cambiai
idea. I continui “cappotti” e le poche catture non mi aiutavano a
determinare quali esche e metodi fossero più idonei per “incannare”
abitualmente esocidi. Il loro numero ridotto, dovuto all’ inquinamento
ambientale e al prelievo indiscriminato di numero e taglie, tanto per
giustificare il costo della licenza governativa, non facilitavano le
cose. Inoltre le continue novità nel settore “esche artificiali” più o
meno valide, contribuivano ad aumentare la confusione che ormai regnava
nella mia mente. Fu per caso che durante una giornata apparentemente
perfetta, la classica giornata che alla sveglia gustando una buona moka
ti fa esclamare “oggi e’ tempo da lucci“, che arrivai alla conclusione
che cambiò definitivamente la mia teoria sulla specie. Pescai tutta la
giornata con svariate esche e nel migliore dei modi senza accusare
nessuna “botta sul cimino”, poi ormai guasto e deluso mi preparai a fare
il classico “ultimo lancio” (dopodichè c’è solo la canna del gas). Il
lancio non fu nulla di speciale e il recupero qualcosa d’inguardabile,
affranto ed annoiato mi guardavo attorno ormai privo di concentrazione,
senza rendermi conto che l’artificiale rimaneva fermo alla deriva
lontano anni luce da quel movimento naturale proprio di un pesce vivo.
Fu durante una di queste pause che una “martellata sulla canna“ mi
risvegliò dal sonno in cui stavo piombando. Mi capitò sempre più spesso
e ad ogni successo il mio recupero rallentava di conseguenza sempre più
distante da come avevo cominciato. Ora, che ormai il Luccio e’ diventato
la “star” della mia fotocamera, ho imparato a selezionare gli
artificiali o meglio ad usare le esche cui riesco imprimere una pausa
tale da rimare per qualche secondo nel campo visivo del pesce. In questo
modo l’esocide ha il tempo di calcolare distanza e velocità quindi se
vale la pena spendere energie per caricare l’attacco.
E’ ovvio che molti artificiali si prestano a tale recupero (è il
“manico“ a fare la differenza) ma alcuni sono più funzionali di altri.
Io personalmente ho i miei preferiti che non lascio mai a casa.
Rotanti:
MARTIN 20 con fiocco di lana, ideale per “acque pulite ed usate”
recuperato a contatto col fondale alternando rotazioni ampie con pause
di recupero a canna alta imprimendo cadute verso il basso con rotazioni
sul proprio asse molto accattivanti. MARTIN 28, stesse caratteristiche
del precedente ma la paletta generosa richiede meno accelerazione e
durante la discesa “sfarfalla “ simile ad un ondulante senza controllo.
Per diminuire ulteriormente la velocità, consiglio di aggiungere un
bucktail, inoltre tale accorgimento tiene sollevata dal fondo
l’ancoretta per qualche frazione di secondo sufficiente a riprendere il
recupero prima di agganciare il fondale. LUSOX 3 MEPPS, molto simile
come recupero al Martin 20 con la differenza che, se usato senza
zavorra, può essere impiegato in acque meno profonde facendolo roteare
sopra gli erbai semisommersi rilasciandolo ad ogni buca. In alternativa
Ondex N.6, unico svantaggio la difficile reperibilità.
Martin, Ondex e Eira classici per tutte le stagioni
Ondulanti:
Tra la miriade d’ondulanti presenti sul territorio nazionale e oltre
ho deciso di selezionarne uno solo :
EIRA 18 grande, se dovessi scegliere una sola esca da portarmi in
paradiso (ammesso che sia certa la presenza del Luccio) la mia cernita
cadrebbe su questo ondulante. Non esiste nessun’altra esca (ed e’ un mio
modesto parere) che interpreti quanto descritto prima. Il peso ridotto
ma voluminoso e la sua forma concava leggermente allargata, lo rendono
perfettamente equilibrato. Ha sbandamenti laterali non troppo marcati e
in fase di caduta “svolazza “ dolcemente e “very slow” fino a toccare il
fondale. E’ sufficiente un colpo di vettino per farlo decollare per poi
ricominciare il recupero a “scalino”, alla ricerca dell’esocide più
apatico del lago. E’ perfetto per molte situazioni l’unico “gap“ è il
fiume profondo e con molta corrente. Purtroppo la reperibilità è ancora
più limitata di quella dell'Ondex (entrambi sono prodotti dalla Rublex,
si veda www.dam-fishing.com). Una cosa importantissima e’ quella
di togliere il doppio amo che ha in testa; primo per evitare che anche
l’erba più “affamata“, sembri una mangiata secondo per salvaguardare la
salute del nostro antagonista che potrebbe ferirsi gli occhi con gli
ami eccedenti. |
Silicone:
Negli ultimi decenni, grazie all’evoluzione della pesca al black
bass, alcune case hanno investito sulla creazione di esche “big” in
gomma perfette per la pesca dell’esocide. “Grubboni “ da 8 pollici, twin
tail extra large, swimbait fino a 10 pollici ecc. opportunamente
piombati hanno permesso di pescare “antialga” sondando porzioni d’acqua
proibitive ad altre esche. Tali artificiali aumentano notevolmente le
botte sul vettino rendendo meno amaro il “cappottino” sulle spalle ma
spesso l’antialga è sinonimo d’antipesce. Molto più redditizio se usati
con ancoretta, su buche profonde e prive di vegetazione. Tra gli
esistenti in commercio menziono kalins, mogambo, action plastics e super
sandra.
Action Plastics 8"
grubs e Super Sandra
Spinnerbait:
Un’altra esca nata per il “boccalone” e che ha riscosso notevoli
consensi da parte dei “lucciofili” è lo spinnerbait. Le vibrazioni
emesse dalla paletta, lo skirt pulsante e il sistema antialga rendono
quest’artificiale versatile e adatto ad ogni situazione. Recuperato
costantemente incurio-sisce il più annoiato dei predatori mentre le sue
planate verso il basso lo inducono alla carica. Alcuni aggiungono un
secondo amo per aumentarne l’efficacia (io non lo uso e in ogni caso
consiglio di togliere almeno l’ardiglione all'amo trailer).
Personalmente preferisco spinnerbait con paletta colorado ma a volte le
sostituisco con quelle del lusox 3 ancora piu lente e vibranti.
Spinnerbaits: Grim
Reaper e Fox Laser
Jerkbait:
E’ un’esca nata per i grandi Musky nord americani ma che grazie alla
passione di pescatori italici si sta “riproducendo” anche nelle nostre
cassette degli artificiali. La parola stessa “jerk“ ovvero strattone ne
illustra il recupero. Ed è proprio tra uno strattone e l’altro (quando
l’esca rallenta “slow”) che il predatore l’aggredisce e la rende
micidiale anche sul territorio italiano. Spesso la pressione di pesca e
la qualità delle acque rendono apatico il luccio di casa nostra,
preferendo quindi jerk medio piccoli da 6-8 pollici. Al contrario nei
grandi laghi nord americani e nel nord Europa si aumenta la taglia
arrivando a veri e propri colossi da 12 a 14 pollici, questo anche per
selezionare pesci di taglia e non di forare ogni cosa.
Jerkbaits: Salmo
Slider e Fox Mini Runt
Esistono, inoltre, esche
ibride, che contengono in pratica più qualità, proprie ad altri
artificiali. Un esempio è il bulldawg che appartiene alla categoria delle “soft plastic lure”, e
personalmente sono gli artificiali che preferisco usare per insidiare i
grossi Lucci. Il loro corpo fatto di silicone ha un movimento molto
armonico e rallentato anche durante l’affondamento, inoltre l’anima
appesantita che ha all’interno permette di sondare diversi strati
d’acqua cosa che il jerk “puro “non e’ in grado di fare. Possono essere
lavorati in diversi modi: come jig sfruttando il peso che hanno in testa
e saltellando sul fondale come crankbait lasciandoli affondare e
recuperandoli lentamente fino alla superficie oppure come jerkbait a
tutte le profondità .
DLT "the jackall”
e Musky Innovation “bulldawg”
Come vi sarete accorti ho
trascurato tanti altri artificiali, dai minnow ai crank senza
considerare le “quintalate di ferro” che appesantiscono le nostre
cassette, non perchè ritenute inefficaci ma semplicemente perché a me
piacciono meno. Lascio quindi a voi il piacere di scoprile in tutta la
loro efficacia nel fargli il bagno ed animarli con tutta la fantasia che
avete in mente uscendo dagli schemi ordinari della pesca che solo lo
spinning permette. Ma occhio, ricordatevi di recuperarle LENTE, ANZI...
LENTISSIME. |