Articolo su Il Piccolo del 3 settembre 2002

Tam tam elettronico dei discendenti giuliano-dalmati dell’Ades che chiedono la linea dura al governo e riattualizzano il contraddittorio in seno alle
associazioni 
Oltranzisti i giovani esuli: «I beni vanno restituiti» 



«Restituzione senza alcuna condizione» scrive Vittorio Baccara. «Giustizia e verità per gli esuli significano restituzione dei beni» scrive Claudio Marchesi. «I nostri esuli
devono riavere i loro beni e riconosciuti i loro diritti» scrive Fabio Alcamo. Da Milano, Padova, Adria e perfino Trapani fioccano le e-mail, un tam tam on line che vede
protagonisti soprattutto i giovani dell’Ades, l’associazione che riunisce i discendenti degli esuli giuliano-dalmati. Sono un centinaio e sono particolarmente agguerriti sullo
scottante tema dei beni abbandonati. Ma guai a chiamarli così, come si è abituati, meglio dire beni nazionalizzati.
«Il calarsi le braghe alla democristiana non fa parte del nostro Dna» aggiunge Marchesi. E sono tutti solidali con il loro presidente Pietro Luigi Crasti che, in una nota,
aveva chiesto maggiore visibilità per il suo sodalizio, lamentando l’esclusione dalla Federazione delle associazioni degli esuli. Esclusione di cui ha accusato il presidente
della Federazione stessa, Guido Brazzoduro. Ma, in merito va segnalata la precisazione di Giorgio Varisco del Libero Comune di Zara in esilio (una delle associazioni
ricomprese nella Federazione) il quale ricorda che durante la discussione in sede di giunta non è stata presa alcuna decisione in merito all’adesione dell’Ades, che era
all’ordine del giorno, ma la questione è stata messa all’attenzione dei direttivi delle cinque associazioni (oltre al Libero Comune di Zara ci sono quelli di Fiume e Pola,
l’Unione degli Istriani e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Anvgd) e sarà poi discussa nella prossima riunione del consiglio delle assoziazioni aderenti
alla Federazione.
Precisato un tanto, va detto che l’attivismo dei giovani dell’Ades dimostra come la discussione su restituzione dei beni o indennizzo sia quanto mai viva nella diaspora
giuliano-dalmata. Discussione peraltro non nuova. «Sei anni fa l’Anvgd – ricorda Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale – fece un sondaggio tra gli esuli
da cui risultò che il 50 per cento era interessato a rievere i beni». Posto che sia così, c’è un altro 50 per cento che preferisce l’indennizzo perchè non ha nessuna
intenzione di tornare nelle terre perdute. «Ai giovani attivisti dell’Ades bisognerebbe chiedere se hanno chiesto il parere dei loro padri e nonni» aggiunge Silvio Delbello,
presidente dell’Unione degli Istriani. Uno che peraltro si è sempre battuto per la restituzione. «Ma – sottolinea – vanno contemperate le esigenze di tutti».
A riattualizzare il contraddittorio con una buona dose di verve polemica ci aveva pensato l’avvocato italo-americano Giovanni De Pierro, presidente di Alleanza Italiana
Istria Fiume Dalmazia, il quale ha posto la questione in termini assoluti: restituzione di tutti i beni. La proprietà è uno dei diritti umani – questo il suo ragionamento –
universalmente riconosciuti. Tale diritto è stato violato anche dai trattati internazionali, perciò i giuliano-dalmati hanno diritto a vedersi riconosciuto questo torto e ad
essere reintegrati nella loro proprietà. Se Slovenia e Croazia, come eredi della vecchia Jugoslavia, non ottempereranno non potranno essere accolte nè nella Nato nè
nell’Unione Europea. E l’Italia dovrà far valere il proprio diritto di veto.
Un discorso duro che mette sotto accusa anche cinquant’anni di politica estera italiana che De Pierro bolla come «rinunciataria» e che trova antusiastiche adesioni tra i
giovani dell’Ades.
Pierluigi Sabatti