CONFINI ORIENTALI

I confini orientali 1918-1975

"Tornate alle vostre case e collaborate per la rinascita dell'Italia ricordandovi che un popolo non finisce per una sconfitta, ma quando dimentica di essere un popolo. Tenete presente altresì che la sorte del nostro confine orientale non e' ancora definita; quando l'Italia dovesse lanciare un appello per la salvezza della Venezia Giulia, nessuno di voi manchi"

[J.V. Borghese 26 Aprile 1945  Milano]

La linea Wilson fu fissata come confine orientale d’Italia dopo la vittoria nella I guerra mondiale (1918). Tale demarcazione lasciava alla neonata federazione jugoslava la parte orientale dell’Istria e tutta la Dalmazia. Molto aspro fu il dibattito alla Conferenza di pace di Parigi: l’Italia rivendicava l’italianità delle città di Fiume e Zara e delle isole quarnerine di Cherso. Lussino, Lagosta e Pelagosa. L’8 settembre 1920 Gabriele D’Annunzio occupò militarmente Fiume alla testa di un esercito di volontari ed istituì la reggenza del Quarnaro che durò sino all’intervento dell’esercito regio italiano in dicembre. Tutto ciò portò comunque al Trattato di Rapallo con la Jugoslavia del 12 Novembre 1920 che dichiarando Fiume città libera assegnava al regno d’Italia Zara e le isole del contenzioso. Si arriva quindi ai patti di Roma del 1924 con Mussolini che ottiene dal governo jugoslavo la concessione dell’intera città di Fiume all’Italia. Nel 1941, dopo la ribellione serba alle pretese del patto Tripartito (Italia-Germania-Giappone), seguì l’invasione tedesca dell’ex federazione jugoslava (una diramazione dell' Operazione Barbarossa) che con il contributo di 340.000 soldati dell’esercito italiano occupò in pochi giorni Lubiana (che diventò provincia italiana autonoma) ed il litorale dalmata, portando il tricolore a Spalato, Sebenico, Ragusa, Cattaro e quasi tutte le isole dell’arcipelago. Questa è pertanto la situazione del confine orientale alla data del 8 settembre 1943. Dopo i sanguinosi mesi che portarono alla fine del conflitto, segnati dalla rivalsa di tutte le componenti slave (comunisti titini, ustascia croati ma anche cetnici serbi ed in parte anche gli ipotetici alleati domobranci sloveni) verso la minoranza italiana, le potenze vincitrici prospettarono varie soluzioni per la demarcazione del confine orientale italiano, come illustrato della cartina in figura. Il diktat del 10 Febbraio 1947 farà prevalere la soluzione di compromesso francese, con la concessione agli slavi di quasi tutta l'Istria eccetto la zona costiera da Trieste a Cittanova (Zona B sotto amministrazione jugoslava) e la perdita anche dell'enclave italiana di Pola, già svuotata dal drammatico esodo del iniziato nel  Gennaio 1947. L'area da Monfalcone a Muggia diventa la Zona A del Territorio Libero di Trieste, sotto amministrazione alleata. Di fatto, con il ritorno all'Italia della Zona A nel 1954, la Zona B viene definitivamente sacrificata alla Jugoslavia. Per "l'ufficialità" occorrerà attendere il vergognoso trattato di Osimo del 1975 tra il governo di centro-sinistra italiano e Tito. Da qualche anno la Jugoslavia non esiste più, almeno come federazione comprendente anche Slovenia e Croazia, zone dei territori contesi. Senza considerare che ne Slovenia ne Croazia hanno rispettato alcuno dei punti fissati dal trattato, soprattutto in materia di risarcimento dei beni sottratti agli esuli. La speranza è che il Governo italiano, con la stretta collaborazione della Federazione delle Associazioni degli Esuli, voglia riaprire i termini della questione, immune dalla passività e dal servilismo sinora dimostrato verso le arroganti posizioni degli stati slavi confinanti.

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