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a cura di Vincenzo de Simone

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Rassegna Storica Salernitana, 39, 2003, pp. 283-286

LA CASA DI MASUCCIO SALERNITANO

 

Il numero scorso di questa «Rassegna» ha ospitato un saggio1 che, sfiorando appena la questione e in modo del tutto incidentale2, ripropone l’ubicazione che della casa salernitana di Masuccio Guardati diede Riccardo Avallone3. Questi costruì la sua tesi, che vedremo non reggere ad un’analisi critica, sulla scorta di due fonti documentarie e sull’osservazione che fece dei piedritti del portale contrassegnato dal civico 61 della via Torquato Tasso.

 

1M. R. Goffredi, I Guardati di Salerno tra Quattrocento e Cinquecento, in «Rassegna Storica Salernitana», 38, 2002, pp. 37-64.

2M. R. Goffredi, I Guardati cit., p. 41, nota 7.

3R. Avallone, Salerno patria di Masuccio, 1993.

La prima fonte è costituita dalla copia di un atto del notaio Cipriano Cafaro del 20 ottobre 14854, quando Masuccio era già morto, dalla quale si ricava che la casa ove aveva abitato, e nella quale nell’attualità abitava il figlio abate Loisio, era sita nella parrocchia di Santa Maria de Alimundo [de Ulmo, per il documento], confinante con beni dei Ruggi, con vie pubbliche, con beni della stessa parrocchiale e altri confini; la seconda è costituita dal manoscritto detto Pinto5, dal quale risulta che lo stemma dei Guardati era un castello d’oro in campo argento. Sui piedritti del portale contrassegnato dal civico 61 della via Torquato Tasso si osservano riquadri contenenti un castello in bassorilievo. Avallone concluse che, essendo questo portale poco a occidente del piede della gradinata oggi salita Intendenza Vecchia che conduce a Santa Maria de Alimundo e riportando insegne riconducibili all’arma dei Guardati, non poteva che essere quello della casa di Masuccio6.

 

4Archivio Diocesano di Salerno, Religiose – Salerno – Monasteri.

5Biblioteca Provinciale di Salerno, manoscritto 19, f. 73.

6L’Autore (Salerno cit., p. 90) identifica ciò che si vede su questi piedritti come lo stemma “turrito e gigliato” dei Guardati; ma i bassorilievi non presentano gigli, comunque assenti nella descrizione e nel disegno che si vedono nel manoscritto Pinto, mentre presentano onde sotto il castello, che secondo gli stessi descrizione e disegno anche non ne fecero parte. Sulla presunta presenza di questi gigli, o di uno solo come sembra credere, M. R. Goffredi, I Guardati cit., p. 44, costruisce un’illazione circa rapporti privilegiati fra i Guardati e i regnanti durazzeschi.

In realtà, l’edificio indicato non risponde a nessuna delle caratteristiche riportate nell’atto del notaio Cafaro, poiché, pur essendo vicinissimo alla chiesa, non ricade nel territorio che fu della parrocchia di Santa Maria de Alimundo, ma in quello che fu di San Bartolomeo de Coriariis; non confina con palazzo Ruggi, né confinava alla fine del Quattrocento con altri beni di questa famiglia; non confina, né confinava in quello stesso secolo, con beni della parrocchiale; e, sopratutto, il suo portale non è quattrocentesco, ma settecentesco, quindi posto in opera quando i Guardati di Salerno si erano estinti da almeno due secoli. In occasione della formazione del catasto onciario, nel corso del rilevamento delle particele catastali ricadenti nel territorio parrocchiale di San Bartolomeo, l’11 marzo 1754, sarà citato come Casa Baiona7, in possesso del reverendo d. Vincenzo, confinante da levante con i beni di Francesco de Vicariis Carrara che costituivano l’unica particella posta a meridione della strada ricadente in parrocchia di Santa Maria de Alimundo, da mezzogiorno con beni di Carmine Saviello, da ponente con il palazzo del dottor Saverio Alfano Pallante, ossia il comunemente detto Palazzo Conforti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7Archivio di Stato di Napoli (ASN), Catasti onciari, 3946, f. 523, particella 8.

La casa di Masuccio che abbiamo visto occupata nel 1485 dal figlio abate Loisio, alla morte di questi dovette restare al fratello Alferio, avendo l’altro fratello fra Vincenzo già rinunciato ad ogni suo diritto. Molto probabilmente a seguito dell’imputazione di ribellione mossa a carico dello stesso Alferio e della sorella Caracciola, o per altri casi per noi di impossibile indagine, la proprietà pervenne agli eredi della zia Ippolita, che aveva sposato Bernillo Quaranta, poiché il 23 settembre 15188 troviamo i beni dei Ruggi siti nella parrocchia di Santa Maria de Alimundo non più confinanti con quelli dei Guardati, ma con quelli di Antonio Quaranta; il 17 maggio 15199 si precisa che tali beni, di cui si conferma il confine con le case della parrocchiale, erano in possesso dei figli ed eredi di Colantonio Quaranta, che conosciamo detentore di parte del patronato di Santa Maria de Alimundo appunto a seguito della detta imputazione a carico di Alferio e di Caracciola10.

 

 

 

 

 

 

 

 

8Archivio di Stato di Salerno (ASS), Protocolli notarili, 4845, 1518-1519, f. 17.

9ASS, Protocolli notarili, 4837, 1518-1519, f. 112.

 

 

 

 

 

10M. R. Goffredi, I Guardati cit., p. 60.

I beni dei Ruggi, tramite nuove acquisizioni, si estenderanno verso oriente, sul territorio parrocchiale di Santa Maria de Lama, fino a raggiungere l’estensione che sarà del loro palazzo con Marco Antonio, negli anni settanta del Cinquecento; il 3 agosto 1591 risulta acquisito anche l’immobile posto a meridione della strada, che sarà unito alle case poste a settentrione tramite l’arco che tuttora osserviamo11. La costruzione del palazzo, a causa del suo gravitare per la maggior parte sul territorio di Santa Maria de Lama, porterà a considerare l’intera proprietà come posta in questa parrocchia, per cui Santa Maria de Alimundo si vedrà sottrarre di fatto la parte di territorio agli immediati oriente e meridione della chiesa12.

 

11ASS, Protocolli notarili, 4869, 1574-1575, f. 148; 4874, 1579-1580, f. 9; 4887, 1590-1591, f. 706.

 

 

 

 

12ASN, Catasti onciari, 3946, f. 507, particella 3; f. 508, particella 1.

Le case della parrocchiale, attraverso un lungo processo di ristrutturazioni, demolizioni e riedificazioni, sono pervenute fino a noi e le osserviamo adiacenti (anche troppo, poiché ne coprono parte della facciata) al lato settentrionale della chiesa; alla formazione del catasto onciario, l’8 marzo 1754, risultavano confinanti verso levante con il palazzo del marchese Ruggi d’Aragona13.

 

13ASN, Catasti onciari, 3946, f. 519, particella 8.

 

Della casa ex Guardati, poi Quaranta, non è pervenuta fino a noi altra documentazione o, essendo pervenuta, non è stata al momento ritrovata; non sappiamo, dunque, constatandone la scomparsa dall’ubicazione fra i beni dei Ruggi e quelli di Santa Maria de Alimundo, se fu annessa al patrimonio della parrocchiale o se fu fagocitata dall’espansionismo edilizio di quella famiglia. Certo è che il suo sito va posto intorno all’angolo sud-orientale dell’attuale largo Montone.

Vincenzo de Simone

 

1: Casa Baiona, presunta abitazione di Masuccio Guardati.

2: Nucleo originario della proprietà Ruggi.

3: Case della chiesa parrocchiale di Santa Maria de Alimundo.

4: Area di Casa Guardati, poi Quaranta.

5: Largo Montone.