Filosofia dell'Educazione

Lettere a Lucilio di Lucio Anneo Seneca

La felicità si trova molto in alto, ma è accessibile se uno vuole.
Ciò è proprio quello che può darti la virtus (let.64,p.1).


  Sommario:

1. Scopi dell'educazione

2. Importanza della saggezza, motivi e modi per ricercarla

  • La saggezza
  • Differenza tra saggezza e filosofia
  • L'avidità di sapere
  • un bene prezioso: Il Tempo
  • 3. Come indurare l'animo e quali le finalità del processo,

    4. Breve conclusione: Autos e Relazione

        Spunti per digressioni


    1. Scopi dell'Educazione.

    L'autonomia relazionale è l'obiettivo di ogni robusta educazione.
    È facile spingere chi ascolta a desiderare il bene poiché in ogni uomo la natura ha gettato il seme delle virtù. Siamo nati tutti per compiere il bene, se c'è uno che ci stimola, quei nobili istinti come sopiti, si risvegliano (Let.108,p.8). È facilissimo indirizzare all'amore dell'honestas e della virtus l'animo dei giovani: sono ancora plasmabili e incorrotti. Basta volerlo! (Let.108,p.12).

    L'animo porta in se i semi di tutte le virtù, questi vengono fatti germogliare dalle esortazioni, come la scintilla attizzata da un soffio leggero sviluppa la sua fiamma. La virtù cresce se è spronata e incitata (let.94,p.29).

    Platone ci dice: "La Paideia non deve dare l'occhio all'anima, l'anima l'occhio c'è l'ha. Essa deve aiutare l'anima a voltarsi perché l'occhio guardi dalla parte giusta". Nel mito della caverna, nel 7° libro della repubblica aggiunge: "chi ha già visto, è in grado di aiutare l'altro a voltarsi tanto da vedere a sua volta". mentre nella 7° lettera Platone ci rivela che la saggezza, attivata mediante un'educazione sinergica, è la scintilla che accende tale potenziale dell'animus. Si ha un'educazione sinergica in quanto l'educatore avendo la sua energia attiva, accende l'energia potenziale del discente.
    Il vero educatore ha fiducia nel potenziale umano che è nell'altro, nella misura in cui è riuscito ad attuare il suo. Questo potenziale che ha sede nella parte interiore e più profonda dell'umano: lo spirito, il pneuma, e che molti autori definiscono libertas o volontà cosciente, ha natura poliedrica, sfaccettata, pertanto risulta difficile cogliere e sviluppare pienamente.

    L'accensione di tale potenziale umano può essere conseguita per mezzo della saggezza oppure può essere ostacolata dall'ignoranza. L'ignoranza può essere rimossa dalla filosofia (amore per la saggezza), attraverso i principi generali e i precetti particolari, entrambi importanti. Bisogna per prima cosa arrivare a desiderare la saggezza, e questo è il difficile dell'educazione. La saggezza comporta sempre una forma mentis, un modus vivendi imperniato sulla autocoscienza di una vita autentica, robusta e articolata.
    L'educazione inoltre, deve tendere all'autonomia del discente poiché fine dell'educativo è togliere la dipendenza, cioè rendere l'altro autonomo ma costantemente relazionato.


    1. Importanza della saggezza, motivi e modi per ricercarla

     La Saggezza
    Esiste una forza che ci trascina là da dove vogliamo allontanarci. Che cos'è, Lucilio mio, in lotta con la nostra anima e non ci permette di essere risoluti nelle nostre decisioni? (let.52,p.1).
    È la stoltezza, dici, che è incostante e mutevole. Nessuno può uscirne con le sue sole forze, occorre che qualcuno gli porga la mano, che lo tiri fuori (let.52,p.2). Poiché come dice Epicuro: certi uomini sono arrivati alla verità senza l'aiuto di nessuno, altri hanno bisogno dell'intervento altrui, ossia non avanzeranno se nessuno li precederà lasciando le sue orme (let.52,p.3). Altri ancora invece, hanno bisogno di uno che li forzi (let.52,p.4). Invocare l'aiuto di qualcuno che ci ha preceduto è anch'esso bene, poiché non solo i vivi ma anche i morti possono aiutarci, le loro orme sono disponibili. Tra i vivi invece, sceglieremo coloro che insegnano con la loro stessa vita (let.52,p.7).
    I mali che fuggi sono in te, se vuoi spogliarti dei vizi, devi stare lontano da esempi di vizi. Passa a compagnie migliori, intrattieniti con Socrate e gli altri grandi. Essi tutti ti inviteranno a rafforzare l'animo e a ergerlo contro tutte le minacce (let.104,p.20).

    Dice Seneca: Per acquisire la saggezza bisogna familiarizzare con i grandi . prima difficoltà è rammentare la grande differenza che passa tra l'ascoltare e l'imparare. Molti maestri fanno discorsi retorici ed eloquenti fini a se stessi anche se ammalianti. Scegli sempre colui che ammiri di più, che hai visto in azione.
    Tu conoscerai l'animo di una qualsiasi persona se osserverai il suo atteggiamento nel lodare e nell'essere lodato, vedrai se è una persona che ascolta o impara, se ama la saggezza o discorsi vuoti ma schiumosi, da li capisci lo spessore d'animo di quella persona (let.50,p.12). La filosofia non è un'arte che cerca il favore popolare, fatta per essere ostentata, consiste nei fatti (let.16,p.3).

    La saggezza è accessibile a tutti, tutti siamo sufficientemente nobili per raggiungerla, essa non respinge, non sceglie nessuno, splende per tutti! Nessuno è più nobile di te (let.44,p.2). Tutti noi abbiamo un eguale numero di avi e la nostra origine va oltre la memoria umana (let.44,p.4). Ci rende nobili l'anima, che da qualunque condizione può ergersi al di sopra della fortuna (let.44,p.5). La saggezza ha di prezioso il fatto di non essere un dono della sorte, ma una conquista personale, qualcosa che non si chiede ad un terzo (let.90,p.2).
    Perché nessuno ammette i propri difetti? Perché vi è ancora immerso: i sogni li racconta chi è sveglio e così i propri vizi li ammette solo chi è guarito. Destiamoci dunque, e rendiamoci conto dei nostri errori. Solo la filosofia può destarci, scuoterci dal nostro sono profondo. Tu ne sei degno, e lei è degna di te (let.53,p.8).
    La saggezza ci mostra i mali veri e quelli apparenti; libera la mente da ogni vanità, da la grandezza autentica e reprime quella tronfa, fatta di vuote apparenze, vuole che conosciamo la differenza tra grandezza e superbia, Ci fa conoscere se stessa e la totalità della natura (let.90,p.28). L'unico compito della saggezza è scoprire la verità sul divino e l'umano (let.90,p.3).

    Differenza tra saggezza e filosofia
    La saggezza è il bene supremo della mente umana; la filosofia è amore e desiderio per la saggezza: tende là dove la saggezza è arrivata. Il suo stesso nome dichiara che cosa ama. Dal passo successivo prendo spunto per dire che:
    Tra filosofia e saggezza passa la stessa differenza che passa tra avarizia e denaro. La seconda è conseguenza e compenso della prima. La prima viene, all'altra si va (let.89,p.4). La filosofia è ricerca di virtù, ma attraverso la virtù stessa. La virtus non può esistere senza la ricerca di se, ne la ricerca della virtus senza la virtus stessa (let.89,p.8).

    Secondo la maggioranza dei grandi scrittori, la filosofia è così tripartita: Etica, Fisica e Logica. La prima regola l'anima, la seconda indaga la natura, la terza esamina le proprietà del linguaggio e le argomentazioni perché il falso non si insinui al posto del vero (let.89,p.9).
     Ti faccio dono di pensieri altrui i quali, se sono buoni, sono anche miei (let.16,p.7). Nutro venerazione per le scoperte della saggezza e per chi le opera. Mi piace venirne in possesso come se fossero eredità di molti (let.64,p.7). Le cose migliori sono patrimonio comune (let.12,p.11). Penso: questi sforzi sono stati fatti per me. Ma comportiamoci come un buon padre di famiglia, ampliamo il patrimonio ricevuto; questa eredità passi accresciuta da me ai posteri. Resta ancora molto da fare e sempre ne resterà. Tutti potranno aggiungere qualcosa (let.64,p.7).
    Anche se gli antichi hanno scoperto tutto, l'applicazione, la conoscenza e l'organizzazione delle scoperte altrui sarà sempre nuova. Essi hanno trovato farmaci per i mali dell'anima; come o quando vanno adoperati spetta a noi ricercarlo (let.64,p.8).

    L'avidità di sapere va regolata perché non sia di impedimento a se stessa.
    Ti lamenti che li a Siracusa ci sono pochi libri. Non importa il loro numero, ma il loro valore: una lettura ben determinata è utile, quella condotta su svariate opere può solo divertire. Se uno vuole arrivare a destinazione deve seguire una sola strada, non vagare qua e là poiché questo non è avanzare ma andare errando (let.45,p.1). Devi insistere sulla lettura di certi autori e nutrirti di loro se vuoi ricavarne un profitto spirituale duraturo, poiché chi è dappertutto non è da nessuna parte. (let.2,p.1). Non bisogna attingere qua e là, e nemmeno gettarsi con avidità su tutto il sapere: attraverso le singole parti arriverai alla conoscenza del tutto. Bisogna adattare il peso alle forze. Attingi non quanto vuoi, ma quanto puoi contenere. Solo mantieni l'animo onesto, capacità e volere si equivarranno. L'animo più riceve più si dilata (Let.108,p.2).

    Ricorda che non ci si può dedicare alla filosofia di tanto in tanto..metti da parte ogni impedimento e dedicati alla saggezza: nessuno può arrivarvi se ha mille impegni (let.53,p.9).Stalle vicino, venerala. Ci sarà un grande divario tra te e gli altri, non nell'interno ma nell'esterno (let.53,p.11).
    Non è tanto il luogo che conta per studiare, ma la concentrazione: se uno vuole, può crearsi un suo spazio anche in mezzo a tutte le occupazioni (let.104,p.7). Se vuoi liberarti dai tuoi affanni non devi trasferirti altrove, ma diventare un altro (let.104,p.8).

    Dobbiamo applicarci allo studio e avere familiarità coi maestri di saggezza per imparare i frutti delle loro ricerche e ricercare le verità non ancora scoperte. Così sottraendo l'animo alla più misera schiavitù, si rivendica la propria libertà (let.104,p.16).
    Chi aspira alla filosofia deve saper sopportare anche la fame. In quanto avendo compreso l'importanza della saggezza come strumento per rafforzare l'animus ossia l'unica virtus durevole, non c'è motivo che tali fatiche ce ne allontanino (let.17,p.6). La saggezza plasma, forgia, manipola l'animus…… (Let.76,p.17)
    Seneca a proposito del fatto che va scuola dai filosofi dice: non c'è età per imparare. Poiché l'imparare non si rapporta all'età ma all'ignoranza che uno sente di avere. Pertanto quando uno sente di essere ignorante in qualcosa, ha il dovere di imparare perché questa è la sua natura.

    1. ci vuole onestà nel percepire e riconoscere la propria ignoranza laddove si percepisce,
    2. si ha il dovere di imparare a scuola dai filosofi per dissipare l'ignoranza fonte di molti mali.

    È da stupidi non voler imparare solo perché per tanto tempo non lo si è fatto (Let.76,p.1).
    Nelle scuole dove si ricerca l'uomo virtuoso e si impara a diventare virtuosi ci sono pochissime persone… (Let.76,p.4) Certi vengono per ascoltare non per imparare così come se andassero a teatro. gran parte dei frequentatori della scuola di un filosofo non cercano di liberarsi da qualche vizio, di apprendere una legge di vita per regolare il proprio comportamento, ma di godere dei piaceri dell'udito (Let.108,p.6).

    Un bene prezioso: Il Tempo
    Da alcuni passi di Seneca, si deduce come sia stoltezza lo sciupare inutilmente il tempo, esso è un bene prezioso che la natura ha donato a tutti; il tempo è la sostanza che da nutrimento alla nostra vita.
    Niente ci appartiene Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene (Lett. 1).
    E' necessario, allora, riappropriarci del tempo, prendiamone coscienza e facciamone tesoro.
    Risparmia tempo, conosci te stesso.


    1. Come indurare l'animo e quali le finalità del processo.

     Il miglioramento dell'animus deve essere quotidiano al fine di una realizzazione personale. Dobbiamo essere dissimili dagli altri per questa parte interiore anche se esteriormente possiamo essere uguali agli altri (let.5,p.2).

    Temprare il proprio Spirito per la Padronanza di Sé
    Tempra il tuo spirito con insegnamenti salutari e utili per superare le avversità della vita.
    Non si può mai confidare con sicurezza sulle proprie forze, fintantoché non si presentino numerose, e talvolta incalzanti, difficoltà da ogni parte; è l'assalto del destino. Allora, si sperimenta il coraggio vero, che non è sottoposto all'arbitrio altrui: "haec eius obrussa est" (qui è la prova del fuoco) (let.13,p.1). Ricorda, il valore, quando è sfidato, si moltiplica (let.13,p.3).

    Superare il timore della morte
    Il diventare maggiorenni per Seneca si esprime nella rimozione del timore.
    Seneca incoraggia a non aver paura della morte, e spiega perché non bisogna temerla.
    Chi sa vivere sa morire, la filosofia, ci dice Seneca, insegna a vivere e, dato che la morte fa parte del corredo vitale e dell'iter naturale di qualunque essere vivente, Seneca ci esorta a considerarla senza alcun timore. La morte non è la fine, ma un cambiamento di stato. Noi come tutti i fenomeni ciclici siamo destinati in qualche modo a ritornare.
    Ci dice che un bene è valido se, anche prevedendo di perderlo, non ci fa perdere il baricentro, ossia il nostro equilibrio. Tale Principio è, a ragione, applicato dagli stoici anche alle persone. Per cui se la perdita di quella persona o di quella cosa mi sconvolge, significa che il mio rapporto con quella persona o quella cosa era impostato male, che io ero dipendente di quella persona o quella cosa. La mia vita, invece, deve continuare ad aver senso anche se ho perso quella persona cara o quel bene necessario. Il rapporto con gli altri deve essere relazionale, di reciproca crescita mai di dipendenza.
    Si possono usare le cose con frugalità, al fine di non trovarsi sconvolto nell'equilibrio o sbalzato fuori dal proprio baricentro. Rimanendo coscienti che l’unico vero bene, la virtus, non potremmo mai perderla n quanto è radicata in noi.

    Il saggio si abitua ai mali futuri e, mentre per gli altri diventano sopportabili dopo una lunga sofferenza, egli li rende tali con una lunga meditazione. Egli si aspetta tutto. Non è duro il colpo inferto da una disgrazia prevista (Let.76,p.35).
    È di un'animo nobile tornare alla vita per gli altri, rimandare la morte anche se ha cominciato a morire (let.104,p.4). n uomo virtuoso deve vivere non fino a quando gli piace, ma fino a quando è necessario, poiché e bene assecondare gli affetti onesti (let.104,p.3).

    Chiunque disprezzi la propria vita, è padrone della tua. Che importa quanto potente sia l'uomo che temi se il male massimo che ti può fare te lo può fare chiunque? …ascoltami: verso la morte sei spinto dal momento della nascita. Su questo e su pensieri del genere dobbiamo meditare, se vogliamo attendere serenamente quell'ultima ora che ci spaventa e ci rende inquiete tutte le altre. (let.2,p.8)

    La morte non provoca nessun danno; altrimenti dovrebbe esserci qualcosa che subisce questo danno (let.36,p.9).
    Alla morte non siamo chiamati in base all'età, dopotutto nessuno è tanto vecchio da non poter sperare in un altro giorno di vita. E un solo giorno è un momento pieno della vita. La stessa esistenza d'altronde è composta da tanti cerchi concentrici aventi medesime proprietà. Si va dal giorno avente l'alba della nascita sino al notte della morte, il giorno della fanciullezza, e così via, ogni giorno è un bene prezioso poiché è un pezzetto completo della nostra vita (let.12,p.6). perciò ogni giorno deve essere organizzato come fosse l'ultimo e concludesse la nostra vita (let.12,p.8)

    Preparati ogni giorno a lasciare serenamente questa vita a cui tanti si avvinghiano e si aggrappano.
    E' veramente felice e padrone di sé chi aspetta il domani senza preoccupazione; se uno dice: "Ho vissuto", ogni giorno alzarsi al mattino gli appare come un guadagno (let.12,p.9).
    Ogni cosa finisce ma non si annienta; la morte che tanto temiamo e rifiutiamo, interrompe la vita, non la elimina; verrà di nuovo il giorno che ci riporterà alla luce, ma molti lo rifiuterebbero se non tornassero ormai dimentichi del passato (let.36,p.10)..
    Nulla a questo mondo si estingue, ma alternativamente declina e risorge, pensa al ciclo delle stagioni a agli astri che ripercorrono nella loro corsa gli spazi già attraversati (let.36,p.11)..
    Abbandona ogni preoccupazione per la tua esistenza e te la renderai piacevole. Possedere un bene non serve a niente se non si è pronti a perderlo (let.2,p.6) e…Non fidarti della momentanea bonaccia: fa presto il mare ad agitarsi (let.2,p.7)..

    L'uomo virtuoso ha una grandissima venerazione per gli dei. Sopporterà pertanto con animo sereno tutto quello che gli accade (Let.76,p.23)
    Cerca di progredire: capirai che certe cose che fanno molta paura proprio per questo sono meno da temere; nessun male è grande se è l'ultimo. (Let.2,p.3) Di ogni piacere, il meglio è alla fine, i frutti di fine stagione sono i più graditi (let.12,p.5).

    Accetta le armi di difesa che ti offro. Spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, Lucilio mio (let.13,p.4).
    Molti mali, hanno forza più per la nostra debolezza che per loro stessi (let.13,p.5). Questo perché non mettiamo a fuoco le cause delle nostre paure e non ce le scuotiamo di dosso (let.13,p.8). Respingi con forza d'animo la paura, anche se motivata; modera il timore con la speranza (let.13,p.12), anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia. Spesso temiamo l'incerto come se fosse certo perché non abbiamo il senso della misura (non servamus modum rerum), subito un dubbio si trasforma in timore (let.12,p.13 ). corazzati quindi contro i casi che possono capitare anche ai più potenti. (let.2,p.6).

    Il concetto di Libertas e la padronanza assoluta di se stessi.
    La libertas è legata alla ratio poiché è in virtù di essa che siamo felici, la ratio è una scintilla del divino. La libertas è a fondamento dello stoicismo, essa è legata alla saggezza in quanto il saggio conosce la realtà delle cose e quindi scegli e in base ai proprium relativi ad ogni cosa. Gli stoici ritengono che la libertà non sia quella esterna, sociale ma quella interna, pertanto sostengono che la libertà non è nella scelta ma nella saggezza, a nessuna può esser chiesta , solo a se stessi e solo se stessi può offrirla. Seneca dirà a Lucilio: diventa padrone assoluto di te stesso, quindi conosciti così bene da poter decidere ogni cosa circa te stesso e quindi essere in pieno possesso di te stesso, questa è in fondo la libertas.

    Per molti autori la libertà è vista come un peso che l'uomo non riesce a sopportare, vedi Sartre, per altri è un potenziale bipolare, Kierkegaard, Dostoiesky, per Nietzsche la libertà non esiste, ma esiste la volontà di potenza (parola diversa per indicare la stessa potenzialità indicata dagli altri autori con la parola libertà, comunque sono realtà che ineriscono lo spirito, il pneuma, quindi la pneumatologia). La libertà per Aristotele è: essere causa di noi stessi. L'animus plasma se stesso. Libero è chi è a causa di sé.

     Lo stoico esser padroni di se stessi è un tema caro a Socrate, egli parla infatti di Autodominio.
    L'autonomia non è mera autosufficienza, ma relaziona senza dipendenza e non è ridotta ed indurita dalla razionalizzazione, dal 2+2 fa 4, ossia l'uso prevalente del parametro quantitativo.
    L'autodominio parte da due momenti essenziali: i desideri e le avversioni. Differenza tra i desideri indotti (es. dal consumismo) e le attese fallaci. Io domino le dimensioni del mio intelligere, devo dominare la mia capacità conoscitiva per evitare conoscenze e curiosità indotte.

    Ricorda che il falso non ha confini, quando vuoi sapere se ciò cui aspiri corrisponde a un desiderio cieco o naturale, considera se ha un termine; se dopo un lungo cammino rimane sempre una meta più avanzata, sappi che non è un desiderio naturale (let.16,p.9).
    Impara a godere da te stesso, che la gioia scaturisca dalla tua casa, dal tuo intimo, altrimenti ci saranno altri che ti faranno godere delle cose che convengono a loro, pertanto tu sarai schiavo di quelli che ti impongono di cosa godere poiché tali cose te le potranno levare. Tu pertanto sarai pronto a qualsiasi disonestà pur di non vederti levati tali cose (let.23,p.3).

    Non c'è ragione di invidiare gli uomini che il popolo definisce importanti e fortunati... se vuoi esercitare un potere che ti torni utile e non opprima nessuno, elimina i vizi (let.94,p.60).
    La prosperità è inquieta, si tormenta da sé. Gli uomini oggetto d'invidia sono destinati a scomparire alcuni cadranno altri verranno eliminati (let.36,p.1).
    Nessuno sfoggia per il piacere dei suoi occhi o di poca gente o degli amici, ma sciorina l'apparato dei suoi vizi secondo la folla che lo guarda. L'ambizione, lo sfarzo, la sfrenatezza, hanno bisogno della ribalta: se li tieni nascosti ne guarirai (let.94,p.70-71).

    Molti uomini giudicati dalla massa felici, stanno invece, tremanti e sbigottiti in quella loro posizione invidiata e di sé hanno un'opinione ben diversa da quella degli altri. Quelle che gli altri sono cime elevate, per loro sono precipizi. Pensano alla possibilità di cadute tanto più pericolose quanto più uno sta in alto (let.94,p.29).
    Il lusso si è scostato dalla natura, si incita da sé giorno per giorno, cresce attraverso le generazioni e alimenta i vizi con l'intelligenza. È scomparsa quella naturale misura che limitava i desideri alle necessità: ormai è segno di grossolanità e di miseria volere solo quanto basta (let.90,p.19).

    Vivere secondo natura.
    L'animo che si è indurato (non indurito, che è altra cosa) non è debole, per cui non soffre se non ha le cose in quanto non ne è condizionato o schiavizzato. La filosofia deve aiutare a togliere peso a queste cose (Adiafora diceva Epitteto). È solo l'animo debole che non sa convivere con la ricchezza, infatti ne è schiacciato quando questa c'è, e ne è avvilito quando non c'è. Lo stoico non è schiavizzato dalle ricchezze.

    Humanitas è l'agire interno ed esterno, per cui quando io sto bene con me stesso sto bene con gli altri. Per fare questo ho bisogno di frugalità, non posso attaccarmi alle varie forme di consumismo. Lo stoico usa il bello, ma se l'argento non c'è, non fa nulla poiché egli è superiore alle cose. Bisogna ricordare che per lo stoico vivere secondo natura non significa vivere in modo squallido, in mezzo alla sporcizia, ecc.. piuttosto vivere e agire in sintonia con le leggi universali della natura, come ad esempio il dare la giusta misura (importanza) a tutte le cose, partendo dalla presa di coscienza del proprium implicito nella singola cosa, e questo perché, per dirla con Seneca: . …Dai la giusta importanza alle cose al fine di non perdere il baricentro (let.4).

    Se vivrai secondo natura non sarai mai povero. (chi direbbe che gli aborigeni Australiani sono poveri?) se vivrai secondo le opinioni non sarai mai ricco. La natura ha poche esigenze, le opinioni molte.
    Quanto basta è uguale in ogni tempo. Dice Epicuro: per molti la ricchezza non ha segnato la fine delle loro miserie, ma solo un cambiamento. Il male non sta nelle cose, ma nell'anima. Non ha importanza se fai coricare un ammalato su un letto di legno o d'oro: dovunque tu lo trasporti, porterà con sé la sua malattia (let.17,p.10).
    La natura non ci ha imposto niente di gravoso da ricercare con fatica per prolungare la vita. La natura basta a soddisfare i suoi bisogni (let.90,p.18). Quanto esige la natura è facile a procurarsi e a portata di mano. E invece, ci affanniamo per il superfluo (let.2,p.11). Povero non è chi ha poco, ma chi vuole di più. Basta avere il necessario e contare ciò che si ha, non ciò che si vorrebbe! (let.2,p.6). Ricco è colui che basta a se stesso 'Lao Tsu' (filosofo Cinese, 570 a.c.)

    Il Bene (Virtus) e i beni
    Ogni cosa vale per il bene che ha in sé. Ognuno deve raggiungere la perfezione in quello per cui nasce, per cui viene valutato (Let.76,p.8). La 'ratio perfecta' o ragione perfetta è il bene peculiare dell'uomo le altre qualità infatti le ha in comune con gli animali e le piante (Let.76,p.9). La ragione se onesta e perfetta da all'uomo una felicità perfetta. La ragione perfetta si chiama virtù e coincide con l'onesta (Let.76,p.10).

    Ogni oggetto è apprezzato in virtù dell'uso per cui è fatto e che gli è proprio. Dunque anche in un uomo (Let.76,p.14).
    È onesto se la sua ragione è libera giusta e realizzata in armonia con l'inclinazione della sua natura. Questa si chiama virtù. Per cui solo la ratio, solo la virtù è l'unico bene che rende da sola felice l'uomo (Let.76,p.15). La virtù avanza superba tra la buona e la cattiva sorte, disprezzandole entrambe (Let.76,p.21).

    La triade: Ratio, Virtus, Honestas, sono intimamente legati. L'honestas è la virtus perfetta e la ratio retta, la ratio raggiunta.

    Honestas significa: degno di onore, onorabile. Se il proprium dell'uomo è la ratio, la virtus e l'honestas sarà l'unico vero bene dell'uomo pertanto tutti gli altri sono beni minori. (questa è una delle chiavi di lettura di Seneca). Gli altri beni appartengono all'altra sponda e non sono barattabili, se ci sono ben venga, ma restano comunque di 2° ordine (onori, ricchezza, successo, potere).
    La vita degli uomini sarebbe più felice di quella degli dei se fossero veri beni quelli di cui gli dei non godono, come il denaro e gli onori (Let.76,p.25).
    Parte della virtù si basa sull'insegnamento, parte sull'esercizio; devi imparare e poi confermare con le azioni quanto hai appreso (let.94,p.47). Solo l'animo profondamente istruito ed elevato al più alto grado di perfezione da un costante esercizio raggiunge la virtù (let.90,p.2). La virtus non è un dono naturale, diventare virtuosi è un'arte (let.90,p.44). 


    1. Breve conclusione: Autos e Relazione

    Seneca e Dostoiesky ci hanno fatto vedere forze positive e negative che hanno come sorgente l'interiorità dell'uomo. Ci hanno fatto vedere queste forze da angolazioni differenti e seguendo strade diverse. Entrambi danno rilievo alle enormi forze presenti nel soggetto, Forze titaniche con cui deve fare i conti l'educativo.
    È facilissimo fuorviare queste forze, soffocarle, spegnerle, mentre è molto arduo e delicato direzionarle senza manometterle e soprattutto far si che l'educatore e l'educando non operino la fuga nel sogno e nell'astratto.

    L'educativo deve riuscire a reggere l'impatto con la vita viva. L'Impatto con questa energia può essere arduo, poiché tali energie possono sprigionarsi nei due poli opposti dell'estremo bene e dell'estremo male, ed è qui che l'essere umano ci sgomenta! E allora, nascono tentazioni…
    La tentazione che l'educativo si porta dietro da sempre, e a volte ci casca, è restringere l'uomo, ridurre tutto il potenziale umano a (2+2 fa) 4 regole di comportamento pur sapendo che l'educativo stesso riguarda l'uomo vivo e concreto.

    Seneca, ci insegna la via dell'honestum (degno di onore), la Virtus. Ai fini dell'honestas, ci dice che, tutto è in mano al soggetto, pertanto il raggiungimento di tale traguardo, dipende da come io uso gli ingredienti che ho a disposizione fin dalla nascita in quanto essere umano, insomma dipende moltissimo da me, dal mio saper essere Autos! Se uso bene tali ingredienti, arrivo al traguardo della virtus explicitata anche se la fortuna, la situazione, le forze, sono contro di me.

    Dostoiesky invece, ci insegna a valorizzare il rapporto con l'altro come momento essenziale per la nostra crescita e presa di coscienza. La funzione dell'altro è altissima, è condizione sine qua non per la vita viva.
     Mentre l'honestum, l'honestas è tutta nelle mie mani, l'incontro con l'altro no, non solo perché è reciproco;
    il primo richiede l'attenzione alla mia struttura interiore isolata dal contesto, mentre il secondo richiama il grande passaggio dal monologo al dialogo autentico.

    Spunti per brevi digressioni:
    . Concetto di razionalizzazione: La razionalizzazione non è la ragione, bensì l'uso della categoria del quantificare; come diceva Aristotele: Genere prossimo e descrizione specifica, però qui si perde la ricchezza della individualità.
    . Dostoiesky: nessuno può vivere della soluzione di un altro, ognuno deve fare la sua esperienza, il suo discorso faticoso personale poiché tale discorso non è razionalizzabile ma è a-razionale.
    . La razionalità comporta la necessità. La libertà ha bisogno della necessità per calibrare se stessa.
    . Seneca, con le lettere a Lucilio, tenta di dissigillare una parte della libertà di Lucilio: l'Autos.
    . L'interrogarsi sul principio.
    Aristotele dice: "il movimento c'è, dal seme nasce l'albero fatto da un altro albero. Il movimento ha un principio che è immobile cioè non è a sua volta mosso, altrimenti non sarebbe principio in quanto ha qualcos'altro che lo ha generato. Pertanto il principio è motore (cioè muove) immobile (cioè lui non è mosso). Anche la libertà ha un principio che non può avere il mio stesso tipo di libertà (movimento, stato), quindi è qualitativamente diversa in quanto può attivare la mia libertà, il mio potenziale e poi ritirarsi.
    Esiste un nesso tra il principio e i principiati. L'uno ha necessita di emanare ma può stare anche senza emanazione".
    Analogamente al motore immobile, il principio ha posto la mia libertà senza aver bisogno di porla.

    Dostoiesky dice: l'uomo che non si pone il problema del principio non è uomo in quanto non ha preso coscienza di questa grande realtà che è la capacità di amare, ecc.
    Il principio primo emana e poi riassorbe. Se io aiuto qualcuno a prendersi la sua libertà (o riappropriarsi della sua volontà) comunque influenzo, lascio la mia impronta, mentre il principio primo attiva e si ritira, per cui non lascia traccia. L'educatore sa che la libertà è in ognuno di noi, sa che è delicatissima e che si può manomette.

    (Roma Tre, luglio-1998)